La notte.

La notte
scivola
sulle ombre
della sera.
Come un cappello
si estende
sull’ agorà
e la moltitudine
di solitudini
ed incroci
di vissuto
abbandonati
al loro
destino.
Poi,
d’ improvviso,
s’accompagna
al silenzio
e con questo
compare l’aurora.
Non è infinita
la notte.


Nella foto: Torino di notte.

Confusione.

Il pensiero rotola,
Incespica,
Si avvita.
E rovinoso
In una palude
Di pura confusione
Cade.
È
l’eterna guerra
Dove ogni cosa
È una finzione.
Anche la vita.


Nella foto: me medesimo, 1.983.

La notte.

La notte
scivola
sulle ombre
della sera.
Come un cappello
si estende
sull’ agorà
e la moltitudine
di solitudini
ed incroci
di vissuto
abbandonati
al loro
destino.
Poi,
d’ improvviso,
s’accompagna
al silenzio
e con questo
compare l’aurora.
Non è infinita
la notte.

Pensando alla guerra.

Brucia la carne
Ma l’ombra non c’è
In questo deserto
Che l’anima riflette
Di un giorno migliore.

La parola riflette,
Il pensiero riflette,
Lo specchio non mente.
Così remota è la sua luce
Su di me…

Il deserto è una duna
E oltre il mare parla.
Di noi la storia canta
Ma la carne brucia,
In quest’angolo senza tempo.

Notte del lago.

Una lingua di bagliori all’imbrunire
immersa dove il lago va a morire.
E’ Sirmione,
rotta dal cigno che si culla la prole,
a contendersi la poesia
nella calda penombra della sera.
Qualche luminescente creatura
che guizza nell’acqua,
qualche vela che tarda.
Moniga accende i lampioni:
la notte è padrona.


Nella foto: villa di Catullo, Sirmione.

Forse… sono ubriaco.

Pioveranno liriche di Chagall,
O tele di Prévert,
O sonate di Hikmet,
O acuti di Freud,
O psicoanalisi di Chopin,
Nella commistione confusa
Che nel fondo del bicchiere giace.

Ho perso il mio passo
Nel girotondo volubile
Di una boccata di fumo
E tutto lento
M’appare,
Anche il respiro
È sospeso.

Forse…
Sono ubriaco.

Ombre di coscienza.

Alberi,
oscuri custodi d’un informe limbo,
come neri fantasmi
dalla nebbia emersi,
son ombre di coscienza
che s’occultano un metro più in là.
Potrei morire,
ma la morte non risolve contenziosi.
E neppure la follia.
Attraverserò allora la bruma
con apparente indifferenza.
Come una gazza bianconera.

Il figlio più bello.

Infilato sotto il braccio dell’indifferenza
Col corpo spazi comuni fendo
Stringendo nel pugno qualcosa di te.

Nuovamente solo,
Nell’aria nitida di questo abisso
Nutrirò il figlio più bello:

Il mio amore per te.

Ermetico tempio.

L’istinto
Gregale
Mi sfugge.
Sacerdote
Di solitudine
Mi cullo
Un’idea:
Costruito
Ho forse
Negl’anni
L’ermetico
Tempio?
Fiammifero
Acceso
E incensi
Al tabernacolo
Nel giorno
Pregando
Quale anima
Pietosa
Per prima
Mi veda.

Carlo Finazzi. Da “Labirinti umani”.

La lampada.

La lampada è accesa.
Che non si spenga mai
Quella luce.
Irromperanno i ricordi
A casa mia
E figure all’amore incatenate
Che la brezza della notte agita.
Non voglio il buio
Intorno a loro.
Quando verranno,
Io,
Sarò fanciullo,
Splendente come il sole,
Sullo sfondo nero
Come la pece.