D’aracnide forma
Quest’ombra mi segue,
Mi spia.
Tace.
Ascolta ogni respiro.
Apparentemente passiva,
Lei,
È più viva di me.
Un sasso nel lago
A te
A mio padre
Parleremo un giorno
Del travaglio del tempo,
Di placente lacerate,
Di voci interrotte di bimbi,
Di gocce d’umanità
Asciugate dalla polvere
Del deserto
Dell’arido cuore.
Parleremo un giorno,
Certo,
Quando il tempo
Dall’urgenza sarà fuggito
Nel limbo che tutto include
E ove tutto risuona
D’originale peccato,
Senza rimorsi.
Parleremo un giorno
Del tempo,
Quando il tempo
Sarà fuggito.
[Nella foto: mio padre, Giovanni Finazzi. 1927-1974]
Andar per gl’anni
Andar per gl’anni
Tra incantati rivoli
Di giuochi mai detti,
Tra riverberi di sogni inevasi
E lunghe corse
Tra gioie ed affanni
Quando dal cuore un grido nasce
Sino al prodigio d’un cielo stellato
Andar per gl’anni
Di vite intrecciate
Le trame scorrendo
In palpabili amori
E perverse lussurie
Di inquietudini lascive
Quando su mano lieve sgorga
Il dolcissimo unguento
E quando il tempo finisce
E quando il tempo rinasce
Andar per gl’anni
È ardente realtà.
Forse sono ubriaco
Salvami
Volessi…
Volessi cogliere l’aurora
Dalle tinte rosa del tuo letto
Con gentilezza me lo concederesti.
Lasceresti scorrere sospiri
E furtivi sguardi
E lascive carezze
Nel tumultuoso evolver della notte.
Senza sonno.
Senza vita per domani.
Donerò, invece,
Luce ai sogni in attesa
Chiudendo quella porta
E portando con me
L’amaro
D’ un’ assente compiacenza.