Il Sasso

Da illo tempore
Sempre uguale,
Sempre libero
E naturista,
Di palafitticola
Memoria,
Di cui lo spirito
Ancor conserva,
Il parco attende
Ilsuo destino.
Quella spiaggia!
La bellezza
Non riduca
A pollaio
La menzogna,
O ad un vuoto
Esilio
Assurdamente
La consegni.
Dal sasso
Un rabbioso grido
Sorge:
Natura
E libertà
Non tollerano
Schiavitu’.

[Nella foto: il Sasso, dalla rocca di Manerba del Garda. Italy]

L’amore

Più fulvo
Del fuoco
È quest’amore
Che all’eterno
Guarda,
Occhi sbarrati
In trepidante
Attesa.
Il miele
In una tazza
Ho posto
Alla finestra.
Domani,
Forse un giorno di sole,
L’ape arriverà.

È così… normale

È una mandria di cavalli
Quell’orda di schiuma
Che all’orizzonte espande.

Orizzonte viola,
Che dei tumulti del lago
Il vento parla.

Le onde son riccioli
Di fatati capelli,
Il vento li scuote,
Li posso accarezzare.

Sulla riva
Mi vedo specchiato,
La luna è con me,
Il Benaco ci parla
Ed alle caviglie s’avvinghia.

È così… normale,
Questo gravido pulsare.

Di me stesso

È smunto il mio viso
E nude le pubenda,
Il sole le bacia.
Come inanimato cadavere
Abbandonato sul prato
Ho chiuso il mondo fuori
Perché della vita
Il ghigno mascherato
Non m’investa.
Tana d’orso la mia casa
E pertinenza il suo giardino.
La voce dei sassi
E d’ottuse menti
Qui non arriva.

Domani

Dentro
E fuori
Le mura
La vita
Scorre
Nell’eterna
Placenta
Che antiche
Gesta
Si culla.
Vi sarà
Domani
Anche
Il ricordo
Di un piagato
Oggi,
In un passo
Del tempo
Nascosto
Tra le pieghe
D’un improbabile
Adesso.

[Nella foto: castello e Cidneo , Brescia. Italy]

Lockdown

Ai domiciliari nella mia terra
Anch’io son prigioniero.
Dentro…
Scricchiolanti ossa conservo,
Lo sguardo sul giardino
Negl’occhi si fissa
E stancamente si consola.

È un deserto il mio tesoro
Che di stelle s’ammanta
Nelle notti a primavera,
È un deserto il mio giardino
E il mio passo,
Inadeguato e sterile,
Tra le dune mollemente s’aggira.

Ora quinta

È un rodeo
La notte
Che le ore
Come singulto
Cavalca
Tra gli spalti
Dell’arena
Ed il sonno
Al destino
M’abbandona.

Dal quadro
Un sorriso
Di donna
Lenisce
La mia pena,
La veglia
Lucida
E stanca
Si fa
Sottile.

Ma la pena
È cruda,
E viva,
Che questo
Scampolo
Di tenebra,
Acida
E perversa,
Inesorabile
Consuma.

[Nella foto: figura di donna di Francesco Mole’]

Silenzio

La furia del vento
Che frusta i miei calzoni
Ricorda tumulti
Di ben diversa natura.
Il cielo,
Zafferano,
Da scure sfere tagliato,
Un quadro di Chagal.
Proscenio innaturale
Questo vuoto porticciolo…
Del gabbiano una penna
Mi colpisce,
Ma non trafigge la gola
Cotanto silenzio
Che a casa porterò.

L’accusa

Avanza la notte
In questo argenteo plenilunio
E l’insonnia con lei,
Di malinconici arzigogoli condita.
Trepidazioni antiche.
Pulsioni e febbricitanti percezioni
Raccontano la storia del mio tempo
Sul cuscino arido di carezze
Ed umido di caldo sudore
Al vuoto silenzio del letto abbandonato,
Senza sonno,
Senza la brezza di un sorriso,
Senza sentimento.
Ma l’alba, quant’e’ lontana?
Potessi toccarla…
E berla dalle fessure della vita
Che accompagnano attimi sereni,
In un fremito di gioia
Sarei contento.
E l’enciclopedia britannica è la’,
Pregna del suo sapere.
Lambiccata e pesante
Mi osserva,
Mi studia.
E chiusa tra valve ermetiche
D’antica e nuova conoscenza,
D’ignoranza
Impenetrabile m’accusa.