Il sole, di notte.

Il sole di notte,
Mio Dio,
Che stortura.
Anche il sogno non lo contempla.
Lascia l’ansia morderti l’anima,
Lui,
Perché nessun luogo,
Nessuna cosa possa quietarti
Mentre ti dimeni nella copula del tuo disagio.
Il sole…
Certo lo cerchi per scaldarti le tenebre,
Sino a domani
Quando sveglio cercherai l’oblio.
Ma il sogno non lo contempla.
Resti a guardare,
Allora,
Il pregno significato del vuoto fluttuare nel buio
E tu con lui.
Specchiato nel silenzio roboante del nulla fremente
Che ti consuma.

In prosa: Della guerra.

Posto che ad ordinare una guerra è sempre una piccola cerchia di persone, o una sola, accerchiata da un manipolo di imbecilli compiacenti, tutti con un meschino calcolo di autocratico potere;
che a combattere questa guerra son sempre una moltitudine di giovani che non hanno motivo d’uccidere alcuno, tanto meno di farsi uccidere;
che di fatto non è la gloria dei popoli il vessillo delle guerre ma la megalomania di singoli psicopatici e che di questo insignificante nulla è l’innocenza che muore:
perché gli eserciti non si ribellano?

Di me.

Contro muri di gomma,
Che manco le buone maniere
Hanno in conto,
A nulla servono le grida.

Mi restasse un giorno,
Anche un sol giorno di libertà, allora,
A nulla ed a nessuno
Di togliermi il piacere d’un sorriso
Consentirei.

Il perdono è il mio riscatto,
Loro…
Perdendo la mia stima,
Già da soli
Si son puniti.

La tenebra.

Quando la vita
Della notte fonda
Ne cavalca il mistero
Lo spazio si dischiude
E la sua essenza mostra.
Qualcosa accade
Nel folle pulsare dell’universo.
Di fatto,
È la tenebra
A mostrar le stelle.


Nella foto: cielo stellato, sul lago di Garda.

Esistenza.

Scivola addosso
La pelle
In questa lucida
Notte.
Gocce d’infinito…
Luce,
Di madreperla,
Come riflesso
Di dolore distorto
In lucciole
Danzanti al plenilunio:
L’esistenza
Si dipana
In esangui afflati
Di rabbiosa vitalità.

Canto corsaro.

Di questi pezzi d’ambra,
Resina preziosa,
Ne farò un canto corsaro
E, come dono,
Il tuo sguardo
Mi cullerò nel petto
Al giacere solitario
Nell’alcova che ansiosa
Ti attende.
Vi porterò una rosa
Ed avrà il tuo profumo.
Sul cuscino poggiata.

Primavera.

Sempre apre alla vita
La Primavera.
Si apre il mio cuore
E l’ acuto confine
Dal torpore
Al sole guarda con gioia.
Una raganella in amore
Tra le canne
Saltella sulla riva.
Il lago sorride.
E l’erotico gracidar
Lo spirito compiace.

Il treno è passato.

Il treno è passato
Sul nudo binario
Che nella sterminata landa
Si perde.
Vi saranno giorni
Di un passato che non torna
Nell’infinito domani
Senza tempo.
E tutto,
Eternamente,
Sarà adesso.

Un’ombra:

È calata con il sole
Un’ombra sul mio volto.
E’ quasi sera
E con questa l’inquietudine
Sorge.
Dal lago, sale.
E dalla spiaggia vuota.
Alberi nudi
Ascoltano il canto del solista
Che malinconia dal Benaco
Raccoglie.
Si vestiranno a primavera,
Allo stridio del gabbiano in amore,
Quando l’inquietudine
Alla gioia si aprirà.


Nella foto: scorcio di Padrnghe sul Garda.

Lettera ad un bimbo innocente.

Piccolo mio, vedi(?)
Il mondo esplode
Ma tu non donargli le tue lacrime.
Sorgerà la luce
Ed avrà i tuoi occhi,
Di dolore,
D’amore,
Di perdono
E di speranza ricolmi.
Un buon seme
Buon frutto produce
E tu ne sei l’essenza.
Dammi la mano, piccolo mio,
E senza mai volgere lo sguardo,
Spalle alla bruttura,
Le nostre chitarre
Un’altra canzone canteranno.
In un cammino di sole.

(Della guerra in Ukraina).