Al discreto chiarore
Della luna
Vietate voluttà
Mi donasti
Una notte
A bordo del canale.
Amsterdam,
Addormentata
Ed indifferente,
A clandestine effusioni
Passò la mano
E non si accorse
Di noi.
Ad Amsterdam
Quante volte
Quante volte
In quel di Amsterdam,
Mai la stessa.
Sempre grande.
Non per i canali,
Di quelli tutto il mondo
È colmo;
Lei è la regina
Che i suoi artisti
Hanno incoronato.
Quante volte
In quel di Amsterdam,
Ma la prima…
Non fu mai più
La stessa.
La vita dalle tasche trabocca
A diciott’anni,
Incontenibile nei calzoni
Troppo stretti,
Troppo inopportuni.
Quante volte
In quel di Amsterdam
A raccattar brandelli di cuore
Che un boato lacerò
Una notte d’estate
A diciott’anni.
Fermi i canali,
Ferme le case,
Fermo il coraggio,
A brache calate.
Quante volte
In quel di Amsterdam…
Ed ogni volta
Di me
Qualcosa muore.
Venere
Non sempre Venere
Dalla spuma appare,
Talvolta una finestra
Aperta nella roccia
Il suo incedere mostra,
Al popolare canto
Che la brezza intona.
Non sarà così tremenda
La mia sorte
Al coglier nei suoi passi
Un frantumato raggio di sole.
Sarà soltanto effondere canzoni,
La brezza ed io,
Sino al consumar l’abbraccio
Che la schiuma bagnerà.
A mia madre
Bestie di Satana
Pregno di te
Bellezza
Sul filo dell’onda
L’acqua allappa la mia bocca.
È caldo.
Ma poi… non tanto caldo.
Mi asciugherò al sole,
Le gambe stiracchiando.
Qualche bianco riverbero
Da sotto gli occhiali
Lo sguardo ferisce.
Ho fame di te,
Della rosea carne
Tenera e nuda
Adagiata sulla spiaggia.
Sono davanti ad una statua
Che brilla,
Ai piedi di un sacro totem
Inchiodato.
E fremente di cocente desiderio,
Di tanta beltà
M’incanto.