Autunno.

Una molecola azzurra
Su profondo nero
E’ questo mondo,
Così piccolo,
Così elli.
Dulcinea ne e’ sorella.
Di bellezza
Nell’universo messaggeri,
Dell’antropocene
Bruceranno anch’essi nel rogo.
Si fanno brevi i giorni,
Della terra il tempo
All’inverno volge.
E non è soltanto
Una meteorologica questione.

Di me.

Sempre uguale a me stesso
Ma mai uguale a me stesso,
Del paradosso
Ne ho fatta virtù.

Mai uguale a me stessoo,
Apparentemente quiescente,
Un florilegio di colori
Sono.

Ad Alda Merini.

Il naviglio grande canta
Del tuo splendore il ricordo
Nel giorno dei santi, a Milano.
L’uomo tace, si sa,
Di facile dimenticanza è l’uomo.
Ma tu, indifferente,
Giunonica donna,
Proserpina gentile,
Nella poesia
Tra la nebbia danzi
Delle vestali l’orazione
E una sigaretta mi porgi.
Lentamente,
Con languida beltà.
Per me,
Che non so dimenticare.

Un sasso nel lago.

Un sasso nel lago
Ho gettato stanotte.
Nel candido spicchio di luna,
Sopra l’orizzonte,
Ne ho scorto l’impudico tuffo.
Ha portato con se’
Ogni frammento di querulo canto.
A riva,
La risacca
E’ eco di composta serenità
E le rughe…
Il gaio richiamo di piccole creste
Del Benaco addormentato.

A mia madre.

Un momento d’introspezione
E’ la notte.
Non mentono i silenzi
Quando guardandomi negl’occhi
Al cuore parlano.
E quella voce,
Quell’assordante eloquenza
Muta…
Son perle d’un caldo respiro
Che del tuo profumo
La stanza impregnano.
Un’orchidea ho posto sul pianoforte
E celebro la tua festa.
Felice compleanno,
Mamma.

Partire.

Per gli uomini la Primavera
Di libertà è un canto,
Un ronzare d’api
Sui fiori di collina,
Un moto d’acque
Che lambisce la scogliera.
Potessi partire
Partirei a primavera
Per non tornare più.
E sarebbe di sera,
Quando il sole
Come rosso vessillo
Mi coprirebbe il cuore,
Il ramo più verde
O una rosa, bianca,
Tra le mani
E sulle spalle
Il bianco candore
Di una colomba.

Rompighiaccio.

In sepolcri che furon case
Da angosciante paure devastata
L’umanita’ muore.
Muoion progetti,
Muoiono i migliori sentimenti.

Liberticida e folle
Nella sua chiara grevita’
Di lacrime e dolore
Brutamente si nutre
La politica.

Sulla spiaggiata
Distesa di ghiaccio
Da Cerbero custodita
Della verità il cadavere
Giace.

Ma al calar negasto
Del potere la fosca mano,
Di un rompighiaccio la prua
Acuminata e tagliente
La mia rabbia si fa.

Uno spirito libero
Non si può imprigionare.

All’imbrunire.

Seduto nel mio giardino
Di Schubert all’imbrunire
Ho ascoltato una sonata.

Immenso il giardino,
Lo spirito e’ immenso.

Danzano le rose,
Mi prendono per mano,
Ed una tazza di the
Con garbo le note bagnando
Magnifica rende
La mia inquietudine.
Nel schubertiano distillato
Che nell’aria mi consola.

Poveri i miei cari.

Poveri i miei cari
Cosi’ al silenzio spinti
Oltre una lapide di marmo.
Quanto amore e quanta gioia
E quanta mestizia
In cenere polverosa
A coprir ferite sul mio cuore…
Raccolto in preghiera
Dal vento tra i cipressi
Care mi giungono le voci
E un pietoso velo
Sugl’occhi calato
in certezze d’amore
Solennemente m’allontano.

Di me.

Dalla pianta
Una melagrana
Ho colto
Ma non inciderò
La scorza.
Troppo bella
Per essere ferita
I grani rubini e succosi
Come preziose gemme
Nel suo grembo
Potranno riposare.
Ad altri grani,
D’un altro rosario,
Dedichero’ il mio tempo,
Gemme azzurre sgranando
Come strusciar
Della Vergine
Il suo manto.