Ermetico tempio.

L’istinto
Gregale
Mi sfugge.
Sacerdote
Di solitudine
Mi cullo
Un’idea:
Costruito
Ho forse
Negl’anni
L’ermetico
Tempio?
Fiammifero
Acceso
E incensi
Al tabernacolo
Nel giorno
Pregando
Quale anima
Pietosa
Per prima
Mi veda.

Carlo Finazzi. Da “Labirinti umani”.

La lampada.

La lampada è accesa.
Che non si spenga mai
Quella luce.
Irromperanno i ricordi
A casa mia
E figure all’amore incatenate
Che la brezza della notte agita.
Non voglio il buio
Intorno a loro.
Quando verranno,
Io,
Sarò fanciullo,
Splendente come il sole,
Sullo sfondo nero
Come la pece.

Beatitudine.

Lascia
Un sottile
Languore
Quel moto
Dell’animo
Che soavemente
M’accarezza
Al calar del sole.
Non silenzi.
Non parole.
Soltanto
Infinita
Beatitudine
D’un momento
Di pace
Che la notte
Attende.

Ti racconterò, una storia.

Tra lucidità e follia
Un giorno
Ti racconterò una storia.
Ti parlerò di me,
Di desideri ed aspirazioni,
Di mete raggiunte
E fallimenti,
Dei miei amori
E dei miei dolori.
Sarò fanciullo sereno
E uomo,
Piagato ma non sconfitto
Dalla quotidiana guerra
Di una vita in prima linea.
Poi…
La scriverò,
La storia.
Nel cuore di una stella
O tra le rughe
Della corrugata fronte.
Come pagina di un libro.
Sillabe non più silenti
Avranno braccia
Ed ali per volare
In un concerto d’archi
Tra un quadro di Chagall
E di Chopin una sinfonia.

Carlo Finazzi.
Nella foto: me medesimo, 1985.

Leggerezza.

Come cristallo
Fragile e lucente
Questo cuore
Non è di ghiaccio,
Il sangue lo tinge
E gli dà calore.
La sorte
Talvolta lo scolora
Ed un nome
Lo divora,
Ma io canto
Ai fantasmi della notte
E di una piuma
Son più leggero.

Carlo Finazzi.
Nella foto: me medesimo, 1980.

L’anagrafe e il cigno.

Quelle dolci pause
Di siderei colori
Ove il cielo
Si fonde nel lago
E le tenebre
Si alternano alla luce
Tra scherzi di spuma
E riccioli di sole,
Paiono sospese alla luna
Come sogni di bimbi
Prima di dormire.
E finito il tempo dei silenzi
È l’anagrafe che grida.
Ma il cigno
Danza ancora.

Volessi…

Volessi cogliere l’aurora
Dalle tinte rosa delle lenzuola
Del tuo letto,
Con gentilezza me lo concederesti.
Lasceresti scorrere sospiri
E sguardi furtivi
E lascive carezze
Nel tumultuoso evolver della notte.
Senza sonno,
Senza vita per domani.
Donerò, invece,
Luce ai sogni in attesa
Chiudendo quella porta
E portando con me
L’amaro
Di un’assente compiacenza.


Nella foto: me medesimo, 1980.

Ad un poeta, che conosco.

Senso di carne,
E di sangue.
Nero come fuliggine tu,
Bianco come il latte io,
Sempre con le dita
Nella piaga immerse,
Che di parole
E di note
Ribolle,
Pensieri di luce
Al tempo che corre
Lasciamo.

Che il pensier tuo
Sia come il mio
Questo non lo so,
Ma certo
Della stessa razza siamo.
Razza di poeti.

Carlo Finazzi, 07. Luglio, 2.020.
Nella foto:Yousson N’Dour.

Sarà un caffè.

Sarà un caffè
Il giusto riscatto
All’affronto d’un tempo ostile
Domattina.
Pioveranno sguardi
A cinger anime che si appartengono
Oltre il brunito calore,
Oltre la ruggine
Di una piccola folla
Molesta.
Poi,
Tutto tornerà normale.
Financo il tumulto dei sentimenti.

E che S. Valentino sia!


Nella foto: me medesimo, 1985.

Tu.

Tu che
Non parli
Silente
Mi apri
Un uscio.
È
Come
Entrare
Animato
Da forza
Nuova
Nella sfera
Della vita,
Nel seno
Dei misteri
E sollevi
Il velo
Che nessuna
Mano
Mai
Sollevo’.

Carlo Finazzi.
Nella foto: me medesimo, 2016, Lisbona.

Dolce sera , mondo.