Silenzio

La furia del vento
Che frusta i miei calzoni
Ricorda tumulti
Di ben diversa natura.
Il cielo,
Zafferano,
Da scure sfere tagliato,
Un quadro di Chagal.
Proscenio innaturale
Questo vuoto porticciolo…
Del gabbiano una penna
Mi colpisce,
Ma non trafigge la gola
Cotanto silenzio
Che a casa porterò.

L’accusa

Avanza la notte
In questo argenteo plenilunio
E l’insonnia con lei,
Di malinconici arzigogoli condita.
Trepidazioni antiche.
Pulsioni e febbricitanti percezioni
Raccontano la storia del mio tempo
Sul cuscino arido di carezze
Ed umido di caldo sudore
Al vuoto silenzio del letto abbandonato,
Senza sonno,
Senza la brezza di un sorriso,
Senza sentimento.
Ma l’alba, quant’e’ lontana?
Potessi toccarla…
E berla dalle fessure della vita
Che accompagnano attimi sereni,
In un fremito di gioia
Sarei contento.
E l’enciclopedia britannica è la’,
Pregna del suo sapere.
Lambiccata e pesante
Mi osserva,
Mi studia.
E chiusa tra valve ermetiche
D’antica e nuova conoscenza,
D’ignoranza
Impenetrabile m’accusa.

Un sasso nel lago

Un sasso nel lago
Ho gettato stanotte.
Nel candido spicchio di luna,
Sopra l’orizzonte,
Ne ho scorto l’impudico tuffo,
Ha portato con se’ ogni frammento
Di querulo canto.
A riva,
La risacca
È eco di composta serenità
E le rughe…
Il gaio ricamo di piccole creste
Del Benaco addormentato.

A te

Lo vedo il porto io,
Un altro tenga la navigazione.
Un porto di sole,
Di platani,
E salici
A cupole di cattedrale.
Lo vedo io quel porto
Ma cola’ condurmi non puoi,
Non ancora.
Qualcun altro tenga
La navigazione.

A mio padre

Parleremo un giorno
Del travaglio del tempo,
Di placente lacerate,
Di voci interrotte di bimbi,
Di gocce d’umanità
Asciugate dalla polvere
Del deserto
Dell’arido cuore.

Parleremo un giorno,
Certo,
Quando il tempo
Dall’urgenza sarà fuggito
Nel limbo che tutto include
E ove tutto risuona
D’originale peccato,
Senza rimorsi.

Parleremo un giorno
Del tempo,
Quando il tempo
Sarà fuggito.

[Nella foto: mio padre, Giovanni Finazzi. 1927-1974]

Andar per gl’anni

Andar per gl’anni
Tra incantati rivoli
Di giuochi mai detti,
Tra riverberi di sogni inevasi
E lunghe corse
Tra gioie ed affanni
Quando dal cuore un grido nasce
Sino al prodigio d’un cielo stellato

Andar per gl’anni
Di vite intrecciate
Le trame scorrendo
In palpabili amori
E perverse lussurie
Di inquietudini lascive
Quando su mano lieve sgorga
Il dolcissimo unguento

E quando il tempo finisce
E quando il tempo rinasce

Andar per gl’anni
È ardente realtà.

Forse sono ubriaco

Pioveranno liriche di Chagall,
O tele di Prevert,
O sonate di Hikmet,
O psicoanalisi di Chopin
Nella commistione confusa
Che nel fondo del bicchiere giace.

Ho perso il mio passo
Nel girotondo volubile
Di una boccata di fumo
E tutto lento
M’appare,
Anche il respiro
È sospeso.

Forse…
Sono ubriaco.

Salvami

Salvami
Con gl’occhi
All’imbrunire
Quando
I fantasmi
Bussano
Alla mia
Porta.
Potrò
Dormire,
O passeggiare
Lungo
Una linda
Notte.
Sin
Dove
L’anima
Di oscure
Angosce
Non s’adombra.