Menzogna

È una sfilata di idoli
Questo viale,
Cipressi come dei
Che conducono al camposanto.
Il mondo è più bello
Col sole
Ma fa freddo
E non scalda il cuore
L’austerita’ di verdi filari.
Rimembranze, rimembranze,
Ricordi che sulle pietre
Corrono
E risorgono in un coro
D’amore.
Scodella il sole
Il suo sorriso più bello
E sulla morte
Una splendida menzogna
Mi regala.

Come a teatro

L’autunno incalza,
Presto nudi saranno
Gli alberi,
Non sopporto questa nudità,
Spettri che al freddo languono
Nell’impietosa stagione.
Del mio giardino
I rami
Con lanterne luminose
E variopinte
Vestirò,
Così a dormire mettendo
Amare invernali sensazioni
Ed aprirò,
Come a teatro,
Uno scenario
Di magica finzione.

Notturno, di Chopin

Scroscia, a rovesci vergognosi,
Tutta la rabbia di un autunno
Appena iniziato.
È turbata la mia pacata tranquillità
Ma inutile reagir di stizza,
Quella verso gli elementi
È guerra persa.
S’esalta nel contrappunto
Di un brano di Chopin
Il mio disappunto
E ad accoglier la notte
Mi predispone,
I boati cancellando
Che giungono da fuori.

Prime nebbie

Le prime nebbie
Dalla boscaglia filtrano.
Un leggero fumo,
Che tra bruciati colori
E verde intenso
Si muove.
Un velo,
Non ancora una cortina.
Chissà come ciarlano
I funghi nel sottobosco
Da occhi indiscreti al riparo…
Un popolare canto
In testa mi frulla,
Che delle montagne
È un’elegia.
Raccolta la grevita’
Del mio corpo,
Con lo sguardo,
Lieve,
Alla magnificenza lo elevo.

Milos

È proprio nei miei sogni
Una sera color lilla,
Una di quelle sere
Dove la calura
Nella tenebra protende
Ed il bagno
È dolce carezza
Che il mare mi dona,
A mezzanotte.
A Milos sarà ancora bello,
E la sua discinta Venere
Sempre a benedire il mare
E lo spirito greco
Che dentro si agita.
Che ci faccio qui?

Nell’ora tarda

Nell’ora tarda
Anche le finestre s’assopiscono.
Di fronte, il fiume
Nella tenebra si perde
Ed un gatto con lui.
Solo io vigile,
Come sentinella
Al suo turno di guardia,
A vegliare i sogni
Che la notte dispiega;
Solo io
A penetrare la penombra
In ogni lume cogliendo
L’anima del mondo.
Al tempo d’una senilità
Ancor giovane,
Operosa e gentile,
Adesso.

Il poeta, la penna ed il foglio

Il foglio bianco
È vergine grembo
Che attende
D’esser fecondato,
La penna
L’ingravidante strumento
E l’inchiostro
Il seme
Che dalle lettere
Dell’alfabeto
Partorirà pensieri
Al germinar delle parole.
In fondo il poeta
È l’inconsapevole artefice
Dell’invereconda copula
Che tra un foglio
Ed una penna
Si consuma
Al dimenarsi eterno
Di una sinapsi.
E dall’orgasmo che ne viene
È la poesia che nasce.

Arcano

Nell’abisso infinito
Di contrapposti pensieri
Un sentore di lavanda
Mi rapisce
Ed un frammento mi svela
Dell’arcano gardesano
Che mai si mostra del tutto.
Ti parlo
E le mie parole asciugo
Sulle tue labbra.
Arcano pure tu
Che ogni volta di sé
Qualcosa mi svela
Nel tuo psichedelico
Apparire.

Fluttuare silenzioso

A mascelle serrate
La notte profonde
Il suo silenzio.
Tace l’asfalto,
Il mio passo tace
E la sinfonia s’eleva
Ad un quarto di luna
Che ascolta ma non parla.
Ho quasi freddo.
Nella testa
L’intima lotta dei miei umori,
Nelle tasche
Un groviglio di dita
A cercare compagnia
Che alle corde
Non possono trovare
E sulla strada
Una perfetta afonia
Riflette la sua noia.
Non ho sonno.
Partecipe di quest’ancestrale
Sospensione
Sino all’alba fluttuerò.
In assoluto silenzio.

Tra bozzolo e farfalla

Risplende al languore
Di rose fiorite
Verde
Il ridente giardino.
Ha toccato un perfetto picco
La mia età,
Con stupor di bimbo
Saltello attorno
All’aiuola matura,
Filastrocche intonando.
È un estrinseco arcano
Che l’anima mia riflette
E muove a parola,
Nei piccoli gesti
D’un infantile movimento.
Mentre il tempo corre
La mia vita non s’arrende,
Tra bozzolo e farfalla.